Non resta che nuotare da questa striscia di mare, quanto è giusto e pur lontano
come un viaggio. Già da che ricordo c’è sempre stato il mare, come se al di là
del mare ci fosse un altro mondo. Difatti quanto son brevi le distanze, eppure di
là del mare non è quotidiano. E non si parla di una frontiera che basta attraversare
con una barca, è proprio ch’è sempre stato, sempre un limite che neanche il nuoto
più immaginativo poteva attraversare. Un’invisibile frontiere che come un muro
pesantissimo galleggiava in mezzo al mare. Ora c’è solo il mare e di là del mare c’è
stata una guerra di pazzia, come ogni guerra, quel muro sul mare si è dissolto,
perché non era mai esistito, e la gente ha incominciato a dire perché aveva creduto
che ci fosse, ha incominciato a fare cose in preda ai raptus più assurdi, ai rancori
più spietati, al di là del mare c’era la guerra e cosa credeva chi guardava il mare,
a un sogno fatto di soldi, nella velocità di un potere fatto di morte. Il mare divide?
Non so non credo, il mare può essere l’istante stesso; se manca lo sguardo, non c’è
Forse Un sogno o un pensiero, ma l’incubo che accade non è certo del mare.
Se la frontiera è uno stato d’animo, essere vittime di un luogo, è essere vittime di
Un mondo dove il mare non rappresenta niente. Così forse nessun luogo è lontano,
e ognuno vive l’invisibile esistenza dei desideri, ognuno è conosciuto quasi non
esistesse, quasi che ogni luogo, in ogni luogo ci fosse una situazione in cui il
desiderio stesso sostituisce le persone, con altre persone, con un banale
appagamento: che cosa c’è da immaginare o conoscere in fondo così? - il muro
invisibile che galleggia sul mare, così pesante da credere che esista davvero,
ovunque.
Nessun luogo è lontano, proprio perché la libertà autentica, non sta ad osservare,
contemplare muri invisibili che galleggiano sul mare. Forse non basta nuotare per
attraversare questo mare, ma è importante immaginarlo, per sapere che si può
essere già arrivati: saperlo.