Patrizio Marozzi pagine 17

 

 Bicicletta

 

 

 

 


Introduzione

 

Nel breve racconto Bicicletta vi è narrato un episodio della mia vita, un incidente da cui sono riuscito a salvarmi nel miglior modo, credo. Grazie a Dio e alla mia condizione psicofisica. Di episodi “intensi” nella vita, nella mia vita sono stati più di uno. La vita si meraviglia continuamente e spesso ti fa conoscere l’incredibile. (l’assurdità gli uomini). Comunque questi episodi sono solo una parte d’essa.

In “Bicicletta” quel che vi è raccontato è concisamente la mia passione per l’andare in bici. Scritto come una bella pedalata senza virgole e punti.


 

 

 

Era l’anno che correva e in effetti il calcolo del tempo poteva quasi dirsi con i wat sviluppati dalla sua pedalata il pedalare come dire che la bicicletta aveva attraversato un arco di tempo da essere oramai uno strumento di contemplazione esperita tra il pensiero e il corpo con la consapevolezza spirituale di un maestro zen o la contemplazione di un mistico atleta che contemplava la spiritualità del tempo empiricamente espresso quant’anche superato l’empirismo non rimaneva che un equilibrio tra il respiro e il cuore tra il pensiero e l’agire e i wat sostanzialmente potevano dirsi aumentati attraverso questa pratica nonostante l’aumentare del tempo del suo corpo se la loro visibilità poteva non apparire era per quell’equilibrio aerobico che si esprimeva tra il suo peso il rapporto usato e la naturalità del respiro che rimaneva tale anche nell’affrontare le pendenze più ardue era questo andare su senza affanno con un rapporto che  ritmicamente si armonizzava che dava alla durata un perfetto stata di equilibrio tra la pazienza e l’attesa che si “dimenticano” nel sentire di essere lì senza nessuna attesa e senza aver bisogno di avere pazienza aveva pedalato ben sotto i settanta chili poco sopra i settata nel suo peso forma e vicino agli ottanta e ben sopra fin sopra i novanta ogni volta portando il suo corpo nella migliore condizione di equilibrio con la bicicletta quest’anno pedalava anche per scendere sotto quel peso e nel tempo di metà estate cioè nel tempo che va dalla primavera all’autunno periodo in cui si dedicava alla bicicletta non sapeva il suo giacché non si pesava ma era sicuramente ben sopra gli ottanta ed stava usando il 48 - 22 anche per pendenze medie del 10% e usava il rampichino la terza moltiplica davanti su pendenze di oltre il 20% e non andava oltre il 28 – 24 la sua bici per quanto ben fatta era gommata da bicicletta da montagna e con il manubrio un po’ più ampio così aveva più agilità era una delle prime bici da montagna ancora più simili ad una bici da corsa ma con alcune differenziazioni una vicini che ora non ricordo di che anno comunque un po’ più pesante di una bici da corsa era l’anno che correva e dopo avere affrontato la prima collina aver percorso la strada per la seconda per tagliarla e andare giù in discesa per risalire sulla montagna che aveva prossima al mare dopo la più lunga discesa

andava giù in discesa tagliando le curve usando i freni il meno possibile era una discesa fatta molte altre volte e sapeva che quella curva fatta come un semi tornate presa al limite dopo vi si poteva rilanciare la corsa eppure un attimo prima della curva aveva pensato che poteva optare per una traiettoria più controllata era stato un attimo ma con la prima ipotesi al di là della curva era già troppo tardi non c’era lo spazio e il tempo per correggere qualche decina di centimetri e rimettersi nella traiettoria interna non poteva che andare contro il furgone che aveva di fronte

 

PAGINE SULLA BICICLETTA

Decisamente mento se vi dico che non so cosa sia l’acido lattico quello che t’impasta i muscoli, quello che non rispetta le frequenze cardiache imponendogli di smettere ma sinceramente non so che farmene di quella tecnica che fa del suo smaltimento l’imposizione al cuore di regolare i muscoli io dalla prima uscita in bicicletta inizio subito dalla salita non vi è niente di meglio che faccia fiato qualora se ne abbia bisogno e nulla è più pregiato per il cervello che il sentire il respiro e la sua profondità in equilibrio con la frequenza della pedalata che imprime forza per quanto è profondo e regolare il respiro non dico ovviamente che ciò sia una massima per tutti ma per il mio fisico è l’ideale del resto una delle prime cose a cui mi abituo è come il cervello si adegua alla fatica muscolare costante e intensa per quanto aerobicamente il respiro cerca la frequenza più naturale possibile quella che lo rende simile sia se si sia fermi sia se si esprimono wat pedalando e non c’è niente di meglio per darsi tutte le possibilità della cosiddetta tecnicamente soglia aerobica continuare a progredire con i chilometri su strade fatte di salite sempre con questa ricerca di equilibrio dove vivo io ci sono molte possibilità in tal senso data la contiguità tra la collina il mare e la montagna con ogni possibile soluzione di pendenza dalle più estreme da rampichino a tutte le altre e diciamo che sono tutte asfaltate oltre ovviamente altre sullo sterrato e lo sguardo durante le pedalate si rivolge al mare alle montagne alla campagna e alle colline da ogni dove comunque se doveste incontrarmi su una salita che va da circa cinquanta metri su fino ai settecento in circa quattro chilometri e sembro così piantato su un rapporto 38 – 24 e vi chiedete perché non passo ad un rapporto più agile è per il fatto che non vi è niente di meglio all’inizio della stagione che arrivare in cima in quel modo senza il benché minimo affanno e non c’è da stupirsi se appena le pendenze tornano normali la frequenza della mia pedalata aumenta come non avessi fatto poco prima quello sforzo è solo che per quanti wat riesco a sviluppare in ambito aerobico devo fare i conti con il peso che ho in quel periodo è certo che dopo di ciò il cervello parla con i muscoli senza fretta e si gode il panorama e la cosiddetta fatica se qualcuno leggesse quello che sto scrivendo e volesse provare che sappia che è bene conoscere se stessi e che alle prime uscite il cuore non ha ancora quell’adattabilità, elasticità che gli permette cambi di ritmo aerobico troppo repentini vi consiglio di non fermarvi appena fatto uno sforzo e magari per breve tempo siete andati fuori soglia aerobica potreste svenire se non capite il momento giusto per ripartire o sedersi e permettere al flusso sanguigno di regolarizzarsi per casi estremi anche sdraiarsi senza sentirsi in imbarazzo se qualcuno vi guarda e non sa che state facendo

la cosa che ho rilevato anno dopo anno con le mie pedalate è che dopo ogni periodo di sospensione invernale il cervello il corpo acquisiscono con la mia consapevolezza una memoria che permette a tutto l’insieme di riadattarsi in modo sempre più naturale è ovvio che di anno in anno vi possono essere condizioni diverse per il clima per come avete trascorso l’invernata e per il vostro piacere di pedalare che non è detto sia influenzato dall’età qualora il vostro corpo obbiettivamente abbia bisogno di regolare il proprio ritmo alle sue obbiettive possibilità e trasformazioni io in quest’anno che corre nell’estate del tempo calcolato dall’uomo occidentale dei miei 39 anni l’unica considerazione che ho è quella relativa al mio peso corporeo che obbiettivamente è lontano da quello forma ma chissà forse questo inverno pedalerò se sopporterò il freddo e la totale differenza dalla bellissima estate e forse il prossimo anno sarò nel mio peso forma senza che l’acido lattico si sia manifestato

 

Come dicevo mento se dico che non so cosa sia l’acido lattico che ti impasta i muscoli e allora non posso che ricordare che l’unico mal di gambe che ricordo dovuto all’andare in bicicletta risale a quando era proprio piccolo diciamo bambino e non lo dico perché pedalassi su una bicicletta da corsa ma proprio perché in estate non c’era verso che mi spostassi da qui a lì senza “la bicicletta”, dal triciclo in poi c’è sempre stata per giorno e per chilometri per il resto non ricordo mal di gambe del resto sia ben chiaro non è che non sono capace volendo di farmi venire l’acido lattico ma è proprio che non mi viene di volerlo perché credo che dovrei fare cose superiori a Coppi e Bartali e come farei dopo a raggiungere vette ancora più alte quelle che nessun istante è uguale all’altro perché è bene chiedersi anche se io non me lo chiedo dove si va quando si va in bicicletta l’arte più alta per ogni ciclista è questa nel momento stesso che una pedalata segue l’altra in quell’istante proprio in quell’istante siamo già oltre quell’istante o in effetti è a dir poco impossibile esservi direi di no e di sì giacché proprio essere in quell’istante è la possibilità di esserlo nell’altro senza possibilità di esservi né un istante prima né un istante dopo di quando in realtà ci si è e allora è possibile esservi in quest’istante al di là del quando ci si è come esserci in ogni istante è in questo punto che quando si pedala si va e in realtà non è poi determinate sapere dove se ci si è in quel punto così come in ogni altro e allora dopo ogni pedalata quel che mi chiedo non chiedendomelo è chi siamo e allora l’acido lattico proprio non mi viene potessi andare anche a mille ci sono io e il mondo ed ogni istante è un momento un esserci prima di scendere dalla bici e riposarsi 

 

Se dovessi stabilire una linea di sensazioni tra il pedalare in pianura o in salita di fatti per me non può esserci una pianura senza una salita e un salita senza una pianura o una discesa sembra un gioco di parole o una battuta scherzosa ma quello che a me piace quando vado in bicicletta è il caldo e se dovessi dire che in pianura non ti resta che arrivare in salita non hai che sentire perché pedali la pianura è un confine senza confine e la salita lo è ancor di più insomma mi piace la salita e le variazioni che essa comporta l’imprevedibilità dell’aria e del calore del sole e la bella sensazione di me che le interpreto nel modo più naturale ascoltando il mo corpo è un po’ anche una questione di volontà la salita mi dà più interesse nel pedalare proprio per queste sensazioni ed anche se sei stanco in salita non ti puoi proprio annoiare è un correre ancor più solitario e allora ci sono le prime giornate della stagione prossima alla primavera dove ancora le discese sono fastidiose per l’aria ancora fredda e man mano che il tempo migliora senti ch’è sempre più piacevole fin quando sudare è un attimo che si asciuga rapidamente in discesa sulla maglietta e ti dà piacere l’aria che prendi ci sono quelle giornate dove l’aria è così pulita che i colori che hai intorno sono ancor più puri e che se sei già in forma senti che pedali con una facilità incredibile ascesa dopo ascesa riesci a tenere il ritmo che più ti piace e a goderti le sensazioni e i pensieri quasi cantando o ancor meglio il silenzio che ti capita di avere intorno mentre guardi la strada che in alcuni punti ha l’asfalto sciolto già perché non sono quelle giornate frizzanti così piacevoli ma proprio calde ma così terse e prive d’umidità l’umidità quando ci sono le giornate nel mezzo dell’agosto dove al gran caldo capita una umidità tra mare e terra che il sudore ti riamane attaccato alla pelle e il caldo è così caldo che la salita diventa un piacere da impresa del piacere eppur la solitudine e l’aria sono sempre grandi fino alle meravigliose giornate di settembre fino all’autunno dove con i primi freddi prendo la bicicletta giusto per passeggiare senza sudare be’ del resto vi è da dire che tra cielo terso o afa e quanto sei stato in bici certe volte il tempo non è così prevedibile e ogni anno non è detto che sia uguale all’altro  

 

Se c’è una coscienza nell’andare in bicicletta

io inizio subito con la prima salita della stagione dopo alcune passeggiate fatte senza sudare nei pochi chilometri del lungomare e la coscienza di cui parlo è quella che hai delle proprie sensazioni dei tempi del respiro da rispettare e dell’avere sempre il piacere di pedalare di sapere che il cervello sente il tuo corpo e che la tua volontà respira con la fatica mentale che hai di stare lì con te stesso

di anno in anno questa fatica a cui il cervello partecipa è vieppiù diventata meno faticosa proprio per il pensiero che vi si è adattato sempre più naturalmente non parlo di motivazioni ma del fatto che il corpo percepisce per mezzo dei muscoli la fatica di tutto se stesso e che ciò è percepito dal cervello ed è appunto il cervello il primo a doversi impegnare e non solo in una reazioni di carattere cerebrale ma appunto in equilibrio con quella culturale con quello che è il mio saper pensare capire conoscere il pensiero culturale è la vera coscienza del cervello biologico ma appunto nella vera coscienza culturale del pedalare non può che esserci la consapevolezza che il proprio saper pensare mi dà per comprendere ciò che il mio corpo fa per il piacere di andare in bicicletta e l’ideale sono proprio le strade solitarie il sentire stesso dei respiri la bellezza di guardare senza distrarsi dal proprio pensiero ma aprendo l’arte del pedalare a quella di sentirsi come se in fondo è la realtà di pensare riflettendo senza che questo distolga l’atto stesso del pedalare dalla sua fatica e allora la bicicletta percorre quello che non può percorrere una sapienza ideale che appartiene al ciclista in quanto persona che usa un mezzo per pensare un po’ più velocemente che camminando restando in equilibrio sospeso anche quanto è fermo non si può salire in bicicletta se si è stanchi e se si è stanchi culturalmente l’arte del pensare è l’arte stessa di sapere della fatica e il piacere del riposo come altro dalla noia per me non può essere altrimenti il riposarsi è lo stesso di stare in bicicletta le due cose si adattano pedalando e recuperando la fatica come il fare a meno della fatica è parte del riposo mentale la curiosità di vivere e la libertà di capire   

 

Ci sono state diverse biciclette nella mia vita di vario tipo dal primo triciclo al secondo alla prima bici con le rotelle calcolando direi nove e se alcune mi hanno fatto più di altre da aiuto per pedalare tutte in un modo o nell’altro mi sono servite per passeggiare pedalare ed esplorare qui vi parlo di quelle che più delle altre mi hanno fatto percorrere le salite con un gusto diverso e che in certe circostanze sono state veramente al di là dell’utile di queste tre della marca Vicini non certo per ragioni di pubblicità ma per un dato di fatto reale ed oggettivo di questa marca ne ho avute altre due più da passeggio allora come dicevo quando si va per pedalare non sempre si sa il percorso che si farà i luoghi di cui vi parlo che fanno parte del mio pedalare sono in un posto in cui è possibile scoprire “infiniti” percorsi sempre nuovi dove già nell’ambito di due vallata distanti un dieci chilometri l’una dall’altra ci sono diverse colline e prime montagne non molto lontane dal mare con più strade per raggiungerle o discendervi tanto che si possono inventare i percorsi e i chilometri senza neanche allontanarsi molto dalla partenza se la costa è sabbiosa e pianeggiante le colline tutte al di sopra dei trecento metri fino ai margini dei settecento non sono molto distanti l’una dalle altre e neanche a molti chilometri dalla costa del resto percorrendo il falso piano pianura della vallata del fiume Tronto per una delle sua strade con circa cinquanta chilometri dal mare si possono già raggiungere i mille e duecento metri di altezza e anche oltre se si continua per un pezzo in sterrato ancora più su come se si decide di fare ancor più chilometri ma non molti si raggiungono le montagne più alte dell’Appennino nelle Marche e l’Abruzzo insomma quando iniziai a prendere la bici per allontanarmi nei pressi di questi posti era anche per scoprire ogni volta un percorso diverso una strada nuova e una nuova pendenza non ho mai usato conta chilometri o altri strumenti al di là della mia testa e della bicicletta e ho guardato le nuvole quando c’erano per indovinare i percorsi dove non avrebbe piovuto nel momento che ci passavo io e a memoria mi ricordo di avere incocciato solo non una pioggia ma un temporale con tuoni e fulmini e strade allagate non mi sono mai depilato le gambe come i ciclisti e non mi sono mai strisciato una gamba certo quando ero un ragazzino qualche botta l’ho fatta e una anche grossa e allora man mano con il passare del tempo ho finito per selezionare percorsi per cercarli anche più silenziosi e vi posso dire che ci sono dei tratti incredibili salite che raggiungeranno i pressi del trenta per cento e andare su per un paio di chilometri così dopo quelli che più o meno si è fatti e per quanto la bellezza di essere una strada asfaltata è proprio bello pedalare sull’equilibrio tra forza respiro e pensiero e il caldo che c’è quel giorno e arrivare su nel modo migliore per continuare

 

Le giornate sono belle e la condizione atletica è già a buon punto e i percorsi sono per lo più scanditi dalle fontane per rifornirsi d’acqua da quando vado in bici solo un anno o due ho bevuto dei sali energetici come le maltodestrine non che non si senta qualche apporto nel recupero ma del resto dosarsi con l’acqua o con degli alimenti naturali quando la lunghezza del percorso lo richiede tipo miele marmellata cioccolata zucchero insomma quel che si ritiene più opportuno al momento per come si percepisce il fisico mi dà più naturalità nei movimenti e nelle possibilità del fisico più bellezza nel sudare e la fatica è più vera e del resto non è detto che non si vada anche meglio in bicicletta è sempre nella capacità di capire le esigenze del corpo e le sue possibilità e tempi dandoci le soluzioni che meglio lo allenano alle sue naturali funzionalità e capacità non mi è capitato molto spesso ma alcune volte ho forato e in questo caso la soluzione ovviamente è o riparare la foratura se è possibile o tornarsene a casa a me è capitato di farlo a piedi data la distanza di qualche chilometro in quella circostanza a distanza di una frazione di secondo mi scoppiò prima la ruota davanti poi quella di dietro ero in salita non sono ancora riuscito a capire come possa essere successo forse per un logoramento del materiale che non appariva un’altra mi è successo di tornare a casa con l’aiuto della pompa e per ben due volte a distanza di un anno l’una dall’altra all’inizio della stessa salita nello stesso punto ho forato trovando un gommista per la riparazione di fatti ciò potrebbe apparire come una sorta di deviazione dal silenzio delle pedalate dalla profondità dei respiri dai tempi della coscienza che scandisce le pedalate ma in fondo non vi è anche qualcosa di autentico in questo al di là del caos universale nel semplice tornare a pedalare dopo che si è stati interrotti in un modo non forzato in fondo ma al di là dell’attenzione da un oggetto che si è associato ad un altro oggetto senza che la mia coscienza sia stata pienamente partecipe di questo e non è blasfemo quando un soggetto umano cerca un’associazione che si finge come relazione con un altro soggetto umano per fare accadere qualcosa che non può che essere nello stato tra gli oggetti e non nella coscienza torniamo a pedalare a sentire l’aria e il profumo della primavera il caldo dell’estate e il primo rinfresco dell’autunno e allora ascolto come cambia l’aria nei polmoni come raggiungo una certa altezza e vedo il mare verso est l’altezza più bassa da cui sono salito e l’orizzonte che si perde nel colore del cielo e lo sguardo che immagino in certi giorni possa raggiungere la costa dall’altra parte dell’adriatico la vallata con le colline e i colli fin laggiù che guardano il fiume pedalare fino a scorgere con l’occhio e lo sguardo il pensiero tutte l’altre montagne e andare su senza pensare all’aria gradevole della discesa

 

Se lo stare seduti sembra prerogativa dell’andare in bicicletta in realtà la possibilità dell’apparire seduto è nell’equilibrio tra il mio pedalare o scendere a pedale libero per le discese stando sollevato da terra la gravità della terra dà l’illusione ma non illusione che attraverso il roteare la gravità stabilisca un movimento per mezzo del roteare delle ruote in realtà il rapporto con la gravità sta tra l’equilibrio di chi pedala e il non equilibrio della bicicletta ciò dà alla gravità allo spazio la dimensione della circolarità percepibile stando seduto in equilibrio sulla bicicletta in un punto fisico della gravitazione ma ciò che determina il mio movimento è la coscienza che in quel punto la mia relazione ha con l’esistere dell’esistenza con il tutto e tutti gli altri possibili punti fisici di gravità non è solo questione di volontà sulla gravità per poter essere cosciente “in quel punto in quel momento oltre quel punto” difatti se la gravità ci fa muovere la gravità ci ferma il pedalare è il modo più elementare per vincere la gravità e smettere di andare in bicicletta è lo stesso di smettere di camminare e la gravità fin tanto che la nostra condizione è materiale ha effetto su di noi sia se vi pensiamo o no

 

Era l’anno che correva e in effetti il calcolo del tempo poteva quasi dirsi con i wat sviluppati dalla sua pedalata il pedalare come dire che la bicicletta aveva attraversato un arco di tempo da essere oramai uno strumento di contemplazione esperita tra il pensiero e il corpo con la consapevolezza spirituale di un maestro zen o la contemplazione di un mistico atleta che contemplava la spiritualità del tempo empiricamente espresso quant’anche superato l’empirismo non rimaneva che un equilibrio tra il respiro e il cuore tra il pensiero e l’agire e i wat sostanzialmente potevano dirsi aumentati attraverso questa pratica nonostante l’aumentare del tempo del suo corpo se la loro visibilità poteva non apparire era per quell’equilibrio aerobico che si esprimeva tra il suo peso il rapporto usato e la naturalità del respiro che rimaneva tale anche nell’affrontare le pendenze più ardue era questo andare su senza affanno con un rapporto che  ritmicamente si armonizzava che dava alla durata un perfetto stata di equilibrio tra la pazienza e l’attesa che si “dimenticano” nel sentire di essere lì senza nessuna attesa e senza aver bisogno di avere pazienza aveva pedalato ben sotto i settanta chili poco sopra i settata nel suo peso forma e vicino agli ottanta e ben sopra fin sopra i novanta ogni volta portando il suo corpo nella migliore condizione di equilibrio con la bicicletta quest’anno pedalava anche per scendere sotto quel peso e nel tempo di metà estate cioè nel tempo che va dalla primavera all’autunno periodo in cui si dedicava alla bicicletta non sapeva il suo giacché non si pesava ma era sicuramente ben sopra gli ottanta ed stava usando il 48 - 22 anche per pendenze medie del 10% e usava il rampichino la terza moltiplica davanti su pendenze di oltre il 20% e non andava oltre il 28 – 24 la sua bici per quanto ben fatta era gommata da bicicletta da montagna e con il manubrio un po’ più ampio così aveva più agilità era una delle prime bici da montagna ancora più simili ad una bici da corsa ma con alcune differenziazioni una vicini che ora non ricordo di che anno comunque un po’ più pesante di una bici da corsa era l’anno che correva e dopo avere affrontato la prima collina aver percorso la strada per la seconda per tagliarla e andare giù in discesa per risalire sulla montagna che aveva prossima al mare dopo la più lunga discesa

andava giù in discesa tagliando le curve usando i freni il meno possibile era una discesa fatta molte altre volte e sapeva che quella curva fatta come un semi tornate presa al limite dopo vi si poteva rilanciare la corsa eppure un attimo prima della curva aveva pensato che poteva optare per una traiettoria più controllata era stato un attimo ma con la prima ipotesi al di là della curva era già troppo tardi non c’era lo spazio e il tempo per correggere qualche decina di centimetri e rimettersi nella traiettoria interna non poteva che andare contro il furgone che aveva di fronte

 


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Il tempo di formulare una frase o anche pensarla in tutta la sua costruzione era già un tempo troppo lungo rispetto a quello che lo portava con la bicicletta verso il furgone che proveniva dalla salita nella corsia opposta della strada e quello che fece fu di decidere di affrontare l’impatto come meglio poteva tirando i freni e restando in equilibrio in quel posto in quell’istante e nel guardare l’immagine del giorno in quel momento si chiese senza aver il tempo esatto di farlo soltanto guardando se sarebbe stata quella l’ultima immagine che avrebbe visto o quale altra si mise in equilibrio spostando il baricentro per controllare la corsa della bicicletta e al momento in cui sentì la bicicletta contro il furgone cercò di spostarsi più indietro possibile nel far ciò il suo corpo non aveva espresso rigidità ma una forza che assorbiva la forza della gravità che si stava generando sentì il colpo della bicicletta e mentre si determinava all’indietro ci fu l’inevitabile avvicinamento del corpo al furgone dopo di che sentì la sua schiena inarcarsi indietro e si mosse con il corpo per ritrovare il baricentro che lo facesse cadere sulle gambe cadde prima sui piedi e poi sulle ginocchia e vide sull’asfalto il sangue che abbondante per un po’ cadé sull’asfalto dal naso disse che si era rotto il naso al commento di quanto sangue di uno dei due che erano sul furgone la bicicletta era rimbalzata alcuni metri indietro e l’ultima parte che di essa lasciò fu sicuramente il manubrio e il supporto dei freni rotto in quello destro gli aveva protetto le mani il furgone aveva il vetro sfondato proprio dove esso si curvava per tornare piatto sul davanti ma non era completamente penetrato mentre era seduto in terra l’acqua chi mi buttavo sul viso bruciava un po’ e quando mi alzai per andare a specchiarmi sul retrovisore del furgone vidi le mie sopracciglia intrise di sangue un po’ di tagli sul viso sangue sulla fronte e il naso un po’ ammaccato ma non so in effetti ero tranquillo poco prima non sapevo se adesso ci sarei stato ho avuto vari punti sul viso nella parte sinistra la frattura multipla delle ossa proprie del naso e una deviazione sinistro verso del setto nasale e le cose non finiscono di sorprendere non un dolore cervicale da subito giunto in ospedale ho notato che respiravo con la narice sinistra come non mi era mai capitato prima e non ho avuto nessuno dolore oltre quello dell’acqua che mi sono gettato sul volto subito dopo l’incidente il pulviscolo del vetro non ha lasciato tracce sul viso come ho detto respiro meglio e nel rompermi il naso la cartilagine è rimasta intatta dei punti che ho avuto sul viso non è rimasta traccia insomma credo che della memoria di ciò ch’è accaduto oltre la mia esperienza qualche fotografia o referto medico non vi resta che leggerla qui

 

Un mese dopo l’incidente era il 27/07/03 il tempo di riprendersi della pelle ho comprato la mia terza vicini da corsa se siete stati attenti nella lettura vi ricorderete che ne ho già parlato e ho ripreso a pedalare oggi siamo nel 2004 e ho preso da poco la bicicletta ma già incomincio a spingere bene un 38 – 18 in salita purtroppo dopo avere superato il natale senza ingrassare alla fine dell’inverno nel costruire una mia storia dell’immagine nell’arte visionando documentari e video quando sono salito sulla bici ero su su i novanta ma già sto iniziando a perdere peso e se il tempo migliora in questo incredibile giugno riuscirò a nuotare in mare aperto e questo aiuta sia il peso il nuoto che la bicicletta e il bruciare un po’ di calorie lo so che a questo punto non si può eludere l’argomento cioè che nel ricadere in ginocchio oltre alla contusione mi sono decisamente sbucciato le ginocchia e per uno come me che non si è mai depilato come vi ho detto è lo stesso che l’avere sbagliato quella curva che volete sono cose che possono accadere

 

Dimenticavo della ruota d’acciaio della bicicletta ne ho fatto una scultura


 

 

 

 

 

 

 

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